BLESS THE HELL
Gennaio 2020
Al disco hanno partecipato:
Silvia Agnoloni: voce e cori
Damiano Porciani: chitarra solista
Alessandro Berchicci Soave: chitarra ritmica
Shinobi Seiryu (Antonio Maranghi): basso
Nico Cempini: batteria
Inoltre:
Beppi Menozzi: tastiere
Paolo Puppo: tutta la parte grafica
Tutte le canzoni sono state scritte da Silvia Agnoloni per i testi e da Silvia Agnoloni e Old Bridge per le musiche.
01. Ad Inferi
02. Do It Or Not
03. The Time of Dream
04. Salvation
05. Angels Could Cry
06. Rage in Paradise
07. Pleasing The Lord
08. Game Over
09. My Best Day
10. Old Bridge
11. Bless The Hell
Al titolo (Benedire l’Inferno) non deve essere data un’interpretazione blasfema, piuttosto deve essere inteso come un doveroso ringraziamento alla Divina Commedia di Dante Alighieri (che ritroviamo anche sulla copertina del disco, davanti al portone attraverso il quale “si va nella città dolente”), che, col suo Inferno e il suo immaginario onirico, ispira gran parte del lavoro del gruppo.
Bless the Hell è infatti una sorta di immersione dentro l’Inferno personale che ognuno si porta dentro, alla ricerca non tanto di redenzione, quanto di compassione (intesa nell’accezione propria della parola, condivisione) della condizione umana: varcata la soglia che conduce “Ad Inferi”, ci si trova al cospetto dei propri peccati e delle proprie fragilità, anelando ad un paradiso che ci salvi e ci elevi dalle debolezze e dalle tentazioni terrene.
“Do it or not” (Fallo oppure no), pone subito davanti ad una scelta drastica fra la vita e la morte, con chiari riferimenti all’auto-annientamento, visto come rifiuto di una vita vuota, che stenta a trovare un senso, pervasa da un senso di perdita costante.
Ecco allora che l’anima sprofonda nella dimensione a lei più consona: il Sogno (The Time of Dream), quella in cui non conta più il tempo, né le sofferenze passate; qui la speranza è giusta e sacra, tanto da far pensare che ci sia una qualche possibilità di salvezza per il genere umano.
Ma il sogno diventa incubo ricorrente, in cui si consolida sempre più la consapevolezza che non vi sia alcuna possibilità di riscatto per chi sbaglia, nessuna redenzione (Salvation).
E mentre si prosegue l’inesorabile discesa dentro il proprio Inferno, si incontrano angeli ben diversi dalle candide figure immacolate che ci avevano presentato da bambini. Sono angeli derelitti, ubriachi, drogati, dalle ali spezzate, che insieme a noi piangono una condizione ineluttabile (Angels could cry).
Potrà il Paradiso, che nell’immaginario collettivo rappresenta la somma perfezione, e giace intatto e immacolato nei nostri pensieri, darci ciò che disperatamente la nostra natura transitoria ci spinge a cercare? Ecco il Diavolo, il Prediletto, Il Più Bello, mascherarsi e, non visto, osservare ridendo quanto accade: dietro le sue provocazioni, dimostrerà che anche il Paradiso è soggetto alle stesse debolezze umane, come l’odio, la vendetta, la rabbia (Rage in Paradise).
Finchè non si arriva al cospetto di un’Entità Superiore, alla quale ci hanno sempre imposto di piegarci e sottometterci, conformando le nostre azioni per compiacerla (Pleasing the Lord), per scoprire poi che niente di ciò che ci aspettavamo è stato mantenuto. E’ ora che anche noi veniamo trattati con lo stesso riguardo.
Ma come pedine di un gioco macabro, siamo costretti ad andare avanti sempre e comunque. La vita è beffarda: un gioco finisce per subito ricominciarne un altro (Game Over), in un’eterna condanna.
“My Best Day” rappresenta il momento in cui finalmente si riesce a prendere consapevolezza della propria forza interiore e potenzialità. Prima o poi il giorno migliore arriva, il giorno in cui verranno pareggiati i conti e tutti coloro che ci hanno fatto del male, feriti, derisi, la pagheranno, non per giustizia divina, ma perchè la giustizia è Una.
Quando il viaggio giunge al termine, ci si risveglia dal torpore in una città piena di sguardi vuoti, di miseria, inghiottita dai neon e dai peccati, che però amiamo a prescindere, perchè ci appartiene e le apparteniamo (Old Bridge).
Lontani da un paradiso rinnegato, che si è dimostrato soggetto alle nostre stesse fragilità, accettiamo il nostro Inferno, di cui diventiamo Re e Regine, Signori e dominatori, e a lui ci abbandoniamo come ad un amante promiscuo, benedicendolo (Bless the Hell). Perchè gli errori diventino esperienza, il dolore non vada sprecato, le colpe non ci soffochino. E perchè meglio la consapevolezza di un’imperfezione proficua, che una vita spesa ad anelare alla perfezione senza raggiungerla.
“E quindi NON uscimmo a riveder le stelle”, ma restammo nel nostro Inferno, convertito, accettato, perfino prezioso, per arrivare a conoscersi veramente.
“That’s why I’m blessing the Hell”.